Dopo la morte dell’attentatore a Sesto San Giovanni, si lavora non solo alla ricostruzione della sua storia ma anche a quella dei gruppi estremisti con cui è entrato in contatto.
E qui la Sicilia rientra nella vicenda. Amri sarebbe sbarcato a Lampedusa e inviato al centro di accoglienza di Belpasso, dove avrebbe preso parte ad una rivolta. Rinchiuso prima nel carcere di Palermo e poi di Enna, proprio nelle diverse tappe della sua permanenza in Sicilia si sarebbe “radicalizzato” per affiliarsi poi allo Stato Islamico.
Decreti di espulsione non attuati e peregrinazioni in vari paesi caratterizzerebbero il suo percorso successivo.
Gli elementi emersi sono sufficienti per aprire una riflessione. Sui rischi di un’accoglienza che non è tale e induce piuttosto ad assumere posizioni di protesta esasperata e distruttiva, ma anche sui motivi che hanno generato, e generano ancora, un odio così radicale verso l’Europa e l’Occidente in genere.
Dalla guerra in Iraq, giustificata con false notizie sulla presenza di armi di distruzione di massa, a quella in Afganistan con i bombardamenti di civili inermi. E potremmo continuare, citando anche il sostegno a dittatori crudeli ma utili agli interessi economici di alcuni paesi occidentali.
Non dimentichiamo, infatti, di aver seminato morte non solo con le bombe ma anche con la predazione delle risorse di intere popolazioni, ridotte alla fame e costrette alla fuga.
E su questo Cina, Brasile e altre emergenti potenze economiche ci hanno imitato e talora anche superato.
Ecco perchè impostare la risposta al terrorismo solo sulla erezione di muri – non
solo materiali – è una risposta inadeguata e inefficace.
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