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Una femminista magrebina e la terza via dell’Islam

Femminsta e islamica. A tutta prima può sembrare un accostamento stridente ma è così che si definisce Asma Lamrabet, medica e intellettuale molto nota nel suo paese, il Marocco, per quelle che essa stessa definisce posizioni riformiste e femministe all’ interno del paese del Maghreb.
Ce ne propone il pensiero la newsletter dell’Udi di Catania, Mediterranea, in occasione dell’uscita di un suo nuovo libro, non ancora tradotto, “20 domande e risposte sull’islam e le donne da un punto di vista riformista”.
Asma ha partecipato ad un vivace dibattito sul tema della depenalizzazione della rottura del digiuno durante il mese di Ramadan. Sostiene la teoria della liberazione, l’affermazione della dignità umana e la libertà di scelta.
Secondo Lamrabet, dimostrare – attraverso i testi – che le interpretazioni correnti sono arcaiche può favorire il cambiamento delle convinzioni in seno alla società solo a condizione che si accompagni ad una serie di riforme: dell’educazione, dell’insegnamento religioso, del sistema giuridico, oltre che da riforme politiche ed economiche.
Merito del femminismo islamico – secondo l’intellettuale marocchina – è “quello di aver rimesso in discussione il nodo dell’interpretazione tradizionalista discriminatoria dei testi sacri.
Questo lavoro di rilettura ha anche mostrato la debolezza più importante dell’esegesi islamica classica, quella di aver marginalizzato nei secoli la dimensione etica atemporale del Corano a favore di una visione giuridica riduttiva, congiunturale oggi completamente superata”.
“Il femminismo islamico, almeno quello in cui io mi riconosco – dice – propone un islam della terza via, tra una modernità disumanizzata e una religiosità de-spiritualizzata, terreni per tutte le forme di oppressione. Questa terza via dell’islam è l’islam della giusta via di mezzo, quello che il Corano descrive come portatore dell’esigenza di Giustizia”.
A chi le chiede che femminismo è il suo, Lamrabet risponde: “Il femminismo nel quale mi ritrovo è prima di tutto un femminismo decoloniale, che rifiuta cioè tutte le forme di alienazione, anche quelle ideologiche e geopolitiche. È un islam spirituale, ma è anche critico, è un femminismo ‘depoliticizzato’”.

Argo

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