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Al Fegotto per ritrovare la Sicilia che fu

La casa padronale e le botteghe degli artigiani, il frantoio e la cantina, i magazzini e le stalle, i cortili e il giardino all’italiana, il vigneto e l’uliveto, la chiesa e persino la scuola.
Questo ed altro costituiscono il Fegotto, suggestivo complesso architettonico del ragusano che richiama la villa romana di età imperiale ma anche la curtis medievale, dove una intera comunità viveva e lavorava in condizioni di quasi completa autosufficienza.
Una realtà viva e in evoluzione dal 1600 fino agli anni settanta del Novecento, oggi restaurata anche con l’utilizzo di fondi europei e aperta al pubblico per visite ed eventi.
Il restauro accurato di questa struttura complessa e carica di storia ne fa una testimonianza interessante di un passato non troppo lontano di cui si rischia di perdere la memoria.
Emerge infatti l’immagine di una Sicilia non certo arretrata e sonnolenta, ma protagonista di una economia vivace e di una gestione illuminata delle risorse.
Il punto di svolta, il passaggio da latifondo ad azienda agricola gestita con criteri imprenditoriali, si verificò nell’Ottocento quando il feudo approdò, in enfiteusi, nelle mani dei Rizza.
Da allora fino alla metà del Novecento vi si coltivarono non solo viti e ulivi, carrubi, mandorli e grano, ma anche tabacco e cotone.
Ancora oggi, nel cortile più antico, è stata mantenuta sgombra l’area destinata alla monta delle vacche da parte del toro che veniva appositamente acquistato e successivamente abbattuto. Poco più in basso la porcilaia, dove un sistema di canali portava l’acqua dagli abbeveratoi prima dell’utilizzo per irrigazione e concimazione dei campi.
Ma si allevavano anche animali di piccola dimensione come i bachi da seta, una produzione testimoniata ancora oggi dalla presenza di molte piante di gelso. Attive molte officine di trasformazione dei prodotti locali, dal latte al legno, dall’uva alle olive.
La modernizzazione di queste lavorazioni è dimostrata dai torchi del palmento e dalle centrifughe con trasmissione a cinghia e motrice diesel introdotti nel frantoio a metà del Novecento.
In seguito alle riforme del periodo giolittiano, il Fegotto ebbe anche una propria scuola. La legge per il Mezzogiorno, del 1906, prevedeva infatti l’istituzione di scuole rurali a carico dello Stato nelle frazioni con almeno 40 bambini soggetti all’obbligo scolastico. Una ulteriore testimonianza dell’importanza di questo centro e dell’alto numero di lavoratori che impiegava.
Anche la chiesa del resto non era la cappella privata dei ‘signori’ ma la chiesa parrocchiale della comunità.
Scelto per ospitare vari set cinematografici, da Marianna Ucria al recente L’attesa, il Fegotto rimane -fino ad oggi- una struttura con alto valore di testimonianza storica anche per le modalità degli interventi di restauro, realizzati nel rispetto della tradizione senza rinunciare ad ammodernamenti ben mimetizzati, come l’impianto di riscaldamento e di aerazione.
Nello studio di Aldo D’Avola, avvocato, attuale proprietario e guida competente delle visite, insieme alla moglie Alessandra, è conservato anche l’archivio con la documentazione cartacea della storia del Fegotto.

Argo

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