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Maria Giudice, la socialista intransigente madre di Goliarda

Una pasionaria italiana e, per adozione, anche siciliana.
Di Maria Giudice, della sua vita sempre in prima linea nella difesa delle donne e dei lavoratori, della modernità delle sue idee e delle sue scelte ha parlato ieri Sara Fagone nel salone della CGIL all’interno della manifestazione “Donne e lavoro tra passato e futuro”, organizzata in occasione dell’8 marzo, giornata internazionale della donna.
Perchè ricordare questa maestra nata in Lombardia sul finire dell’Ottocento, cresciuta in un una

famiglia progressista da cui assorbì le idee che fecero poi di lei una socialista convinta e battagliera?
Non certo e non solo perchè madre di una scrittrice famosa e controversa come Goliarda Sapienza.
Maria Giudice fu una militante appassionata perchè sinceramente convinta delle idee socialiste e svolse una instancabile attività sindacale e politica per la quale subì anche, in varie occasioni, arresti e condanne. Fu anche un’attiva pubblicista e scrisse su vari giornali, alcuni dei quali dedicati in particolare alle donne.
Il suo impegno politico non le impedì di avere 9 figli, sette da una prima ‘libera unione’ con l’anarchico Carlo Civardi, due (tra cui Goliarda) dall’avvocato Giuseppe Sapienza, al quale si legò quando venne mandata in Sicilia per coordinarvi l’attività di propaganda del partito.
A Catania, come era già avvenuto in altre città, tra cui Torino, ebbe un ruolo di responsabilità nella Camera del lavoro.
Era ancora in Sicilia quando la dittatura fascista abolì le libertà civili e politiche, e fu sottoposta a vigilanza fino alla caduta del regime.
Per permettere alla figlia di iscriversi all’Accademia di arte drammatica, si trasferì a Roma nel 1941 e contribuì al dibattito sulla costituzione dell’UDI.
Eppure, come ha ricordato Fagone, Maria Giudice non pensava ad una organizzazione femminista autonoma, perchè riteneva che l’emancipazione delle donne sarebbe stata assicurata dall’avanzare del socialismo.
Se lo scopo della politica – pensava Maria – è dare soluzioni ai problemi del paese, non solo le donne non possono restarne fuori, ma devono avere un ruolo di primo piano.
Scriveva: “Perché se quando siete ammalate e dovete andare all’ospedale, questo è male amministrato siete voi che soffrite; perché se non si concede la refezione scolastica , sono i vostri bimbi che ne sono privi; perché se non si approvano leggi che proteggono gli operai, sono i vostri mariti, i vostri fratelli che ne risentono danno”.

Nessuna delle donne impegnate come lei a certi livelli, come Kuliscioff o Balabanoff, di cui fu amica, aveva una così profonda convinzione che il partito fosse lo strumento principale per garantire il riconoscimento delle donne e dei loro diritti.
Era invece diffidente verso i movimenti suffragisti, perchè essi, sosteneva, si muovevano dentro schemi “borghesi”, chiedendo solo il diritto al voto senza avere un progetto di cambiamento della società.
Anche dentro il partito non rinunciò a schierasi, e lo fece dalla parte dei cosiddetti intransigenti, in eterna polemica con i riformisti che considerava troppo occupati a discutere di problemi che i lavoratori non erano in grado di capire. 

Riteneva che le masse fossero poco interessate alle complicate teorie sul capitalismo, costrette come erano a lottare quotidianamente con i problemi legati alla miseria e allo sfruttamento.
Ecco perchè, a suo parere, l’educazione e la formazione doveva svolgersi soprattutto nei campi e nei luoghi di lavoro, parlando ai lavoratori con un linguaggio semplice e comprensibile. E trasmettendo ad essi le proprie convinzioni, come faceva lei, imbattibile nella capacità di coinvolgere il suo uditorio.
Sara Fagone non si è limitata a ricordare le tappe fondamentali della vita di questa donna ingiustamente dimenticata. Ha cercato anche di riflettere sulla complessità e modernità della sua figura.
Come molte donne di oggi, Giudice cercò di coniugare impegno, lavoro e cura dei figli.
Poco sappiamo della sua interiorità; da alcuni scritti della figlia Goliarda emerge solo un carattere rigido, spesso impulsivo.
Dimostrò tuttavia di non volere rinunciare a nessuna delle cose che riteneva importanti. E certo non si risparmiò pur di tenere insieme tutto.
Rimase sempre fedele alla grande idea che era per lei il socialismo. Un’idea che desse uno scopo alla sua vita e, soprattutto, le permettesse di essere utile al miglioramento delle condizioni dei più deboli ed umili.
Un esempio da trasmettere alle nuove generazioni.

Argo

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