Che senso può avere avuto la presenza della ministra in un quartiere, Librino, arricchito sì di una scuola superiore secondaria di secondo grado, ma fortemente impoverito dalla sostanziale cancellazione del tempo pieno?
La visita della Giannini era naturale che divenisse una occasione ghiotta per tutti coloro che hanno contestato e contestano la legge 107/2015 (impropriamente chiamata Buona Scuola) fortemente voluta da questo governo che non ha operato nessuna inversione di tendenza rispetto alla linea dei tagli inaugurata dal duo Gelmini-Tremonti.
Tagli che hanno particolarmente penalizzato il meridione e il tempo pieno che, se attuato, permetterebbe alle scuole di svolgere pienamente quella funzione sociale ed educativa la cui mancanza è certamente più grave nei quartieri più difficili.
Un imponente schieramento delle forze dell’ordine, decisamente eccessivo rispetto alla situazione reale, non solo ha costretto i manifestanti a occupare uno spazio esiguo, “debitamente transennato”, ma poliziotti e carabinieri si sono piazzati immediatamente di fronte ai “contestatori”, impedendo, così, che si potessero leggere, da lontano, cartelli e striscioni.
In sostanza, un festival dell’ipocrisia. Soprattutto se si tiene conto che questo governo ha assunto una parte dei docenti precari solo dopo la sentenza di condanna della Corte di Giustizia europea e che, attualmente, il Miur è commissariato perché, nonostante una sentenza del TAR del Lazio, non ha ancora ripristinato ore e discipline negli istituti tecnici e professionali, ingiustamente cancellate da Gelmini.
Evidentemente, la paura che tali semplici verità potessero essere comunicate ha fatto sì che una manifestazione regolarmente comunicata e autorizzata sia stata, di fatto e immotivatamente, parzialmente oscurata. Un segnale profondamente negativo e preoccupante.
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