Matteo Collura, dalla fascetta rossa che abbraccia la copertina, la paragona a Filumena Marturano; lo storico Tino Vittorio alla civitota Cicca Stonchiti. Altri chiamano in causa addirittura Molly Malone, procace pescivendola dell’omonimo inno irlandese che per la strade di Dublino grida: “Vongole e mitili vivi”. Ma lei è solo “Maria Recupero della pescheria”.
E’ il suo nome e anche il titolo del libro appena presentato nella libreria Mondadori di piazza Roma a Catania. L’autrice è Chiara Aurora Giunta, catanese doc che vive ormai da quaranta anni a Milano.
E a dispetto del nome che odora di tecno-anglo-americano, c’è molta Sicilia anche nella casa editrice VandA.epublishing (Vanda uguale Vicki and Angela-editoria elettronica). E’, infatti, siciliana di Siracusa, Angela Di Luciano, una delle tre donne che hanno dato vita a Milano, l’8 marzo del 2013, ai tipi della VandA, specializzata in fiction, non fiction, graphic novel, erotique, teatro, letteratura per bambini. E’ una casa editrice digitale con all’attivo già 300 titoli, che, talora, al contrario di come avviene di solito, partendo dal Web approda anche nei porti del cartaceo. Ed è il caso di Maria Recupero.
Milano non ha fatto scordare a Chiara Aurora Giunta la Sicilia e Catania, città nella quale è ambientato il romanzo. Dopo aver esordito come scrittrice di romanzi rosa ed essersi dedicata poi a quelli storici e ai saggi per ragazzi, adesso Giunta narra la storia di questa donna che lotta, sola, contro la miseria; abbandonata dal marito che ha un’altra famiglia in Germania, con sei figli da sfamare e una vecchia zia di lui da accudire, trova lavoro in pescheria tra i banchi dello zio Turi, unica donna tra tanti “masculi”. Sullo sfondo la Catania degli anni 60, quelli del boom e dell’allunaggio.
La storia è raccontata in un italiano “farcito” di dialetto coi verbi a chiudere le frasi che ci riporta suoni, aromi, sensazioni, profumi, ricordi ben conosciuti. La pasta al sugo da consumare sulla battigia, alla Plaia; i dolci, panzerotti, raviole, graffe, iris, sfincioni, cannoli di ricotta e misti Umberto; ma anche i travagli di gruppo vissuti nei disastrati ospedali di maternità catanesi degli anni sessanta/settanta, quando una bacinella raccoglieva l’acqua che a gocce filtrava implacabile dal soffitto e le placente venivano buttate via in scarichi improvvisati. Ci sono ancora i portamonete, anzi i borsellini, custoditi tra le “minne”; il copertone a mò di salvagente; i vecchi che giocano a villa Pacini, la valigia tenuta insieme con lo spago, il “cunsòlo” per i parenti del defunto.
Su questo sfondo si muove, coraggiosa e forte, Maria, che si nutre della vita di tante donne in carne ed ossa ma soprattutto di una che era a servizio dalla madre e dalla suocera della scrittrice.
Il fine è lieto, anzi di più. Tutti fanno la pace con tutti e il clima si rasserena. C’è persino una sorpresa, quasi un miracolo col ritrovamento casuale di un autentico tesoretto.
La saga della famiglia Recupero finisce qui, per adesso, chè la scrittrice ha in cantiere
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