Furnari è presidente della sezione siciliana dell’AIAB, Associazione Italiana Agricoltura Biologica, associata a Via Campesina, la più grande organizzazione mondiale di contadini, tutti d’accordo nel dire no al TTIP.
Innanzi tutto per la segretezza con cui viene negoziato. “E’ una mancanza di democrazia -dice Furnari- Le regole saranno stabilite da tecnici e burocrati influenzati dalle lobby agro-industriali americane ed europee, senza il coinvolgimento degli Stati, dei parlamenti, dei cittadini, dei partiti politici.”
A giudicare la legittimità della loro richiesta non saranno tribunali regolari ma appositi tribunali arbitrali internazionali (ISDS, Investor-State Dispute Settlement), costituti da collegi di tre membri scelti all’interno di una lista di avvocati privati, con inevitabile strascico di conflitti di interessi e questioni etiche.
Imprese americane ed europee avrebbero quindi il potere di impugnare decisioni democraticamente assunte da governi sovrani solo perchè hanno effetti negativi sui loro profitti.
Non basta. Come ricorda Furnari, c’è in ballo anche la sicurezza alimentare. In Europa vige infatti il principio di precauzione, in base al quale non si immette sul mercato nessun prodotto di cui non sia stata certificata scientificamente l’innocuità. Negli Usa, al contrario, si lancia un prodotto sul mercato e si prendono le opportune precauzioni solo dopo che sia risultato dannoso su vasta scala.
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Visto che l’obiettivo del trattato è quello di abbattere non le tariffe doganali, già ai livelli minimi, ma le barriere normative che ostacolano il libero mercato, il principio di precauzione potrebbe essere abbandonato perchè contrario agli interessi degli investitori, con buona pace della salute dei cittadini.
Furnari conclude ribadendo che ogni popolo deve avere diritto alla propria produzione, che piccole e medie imprese devono poter vendere nei mercati locali e mantenere il contatto con i propri consumatori. Il TTIP condanna, invece, alla scomparsa i ‘piccoli’ contadini che non possono competere con le multinazionali.
Quanto ai lavoratori, i loro diritti sono a rischio in quanto ritenuti un ostacolo alla libera concorrenza.
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