Il rito della Luce, migliaia di candele al Boggio Lera

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Migliaia di candele illuminano di luce diversa gli spazi frequentati di giorno, non nascondono i segni del tempo (e l’incuria degli uomini), ma offrono la possibilità di nuovi sguardi, più profondi, perché, come ricordava Anna Magnani, non ha senso nascondere le rughe, ci sono voluti molti anni per ottenerle.
Il ‘Rito della Luce’ (Catania, 19-22 dicembre) è, innanzitutto, la proposta di un percorso concreto, di ‘sensate esperienze’, ancor prima della successiva rielaborazione. E se questo percorso si sviluppa all’interno di un edificio storico, la cui fruizione, essendo la sede del Liceo Statale Enrico Boggio Lera, è pubblica e aperta a tutti, il contenitore diventa esso stesso parte del contenuto.
La bellezza del luogo ha, perciò, rappresentato una possibilità in più per la realizzazione del progetto della fondazione Fiumara d’Arte, ma, probabilmente, è più corretto dire per il progetto di Antonio Presti. Un percorso esperienziale pensato, e costruito, per produrre un cambiamento.
Non a caso si accede all’edificio da un ingresso secondario e si incontra immediatamente l’aula magna, unico luogo illuminato, seppure da terra, con i riflettori, dove il coro, con i suoi gesti, le sue parole e le sue melodie, accoglie per primo i visitatori.
All’ingresso secondario fa da contraltare l’uscita ‘monumentale’, la scalinata che si affaccia sulla via principale, immediatamente preceduta dall’attraversamento di un corridoio reso ‘piccolo’ dalle installazioni realizzate, quasi un passaggio obbligato di riflessione, di ritorno in sé per sentirsi capace di aprirsi al nuovo, ‘alla luce della bellezza’.
E, tra ingresso e uscita, non solo la bellezza delle installazioni, le sollecitazioni dei mandala, ma le tante performance che rendono progressivamente meno importanti immagini, gesti, suoni, parole sino a farli sparire nel momento in cui la scena viene ‘occupata’ da un momento collettivo di meditazione.
Un percorso cui hanno contribuito centinaia di protagonisti, uomini e donne, impegnati ‘normalmente’ nel complesso e diversificato mondo artistico e studenti, che probabilmente artisti non lo diventeranno mai, ma che hanno avuto un’occasione, per certi versi irrepetibile, per poter esprimere se stessi.
Tante performance, anche molto diverse fra loro. Il che permette a ogni spettatore di trovare ragioni e sollecitazioni particolari: accanto al tema della solidarietà e della multiculturalità c’è lo spazio per il ricordo; accanto alla ‘tempesta’ della vita c’è lo spazio per l’accoglienza; accanto ai ragazzi che riflettono sull’universo, ci sono i poeti che, quell’universo, provano a interpretarlo.
E ancora, lo stupore inaspettato che può provocare una tromba delle scale trasformata, con materiali poveri e quotidiani, in una proposta, come direbbe un noto scrittore finlandese, di ‘allegra apocalisse’.
Un grande e generoso lavoro collettivo, dunque, in un momento storico in cui l’amore per la bellezza e l’impegno volontario rappresentano, purtroppo, l’eccezione, riconosciuto e apprezzato da migliaia di spettatori.
Che lascerà una traccia significativa in quanti hanno partecipato è indubbio, trasformarlo in progetto sarà più difficile (e non solo per i problemi materiali di gestione).
Per andare oltre l’evento, non basta infatti che tutti i protagonisti vogliano accendere le ‘luci della cultura’, è decisivo che si confrontino fra loro, sappiano e condividano ciò che fa l’altro nella stanza accanto, riflettano sui contenuti, costruiscano insieme il senso del percorso, non limitandosi a prendere atto del luogo destinato alla loro performance.
Altrimenti, il rischio è che si consolidi la differenza tra chi ‘illumina’ e chi deve essere ‘illuminato’, chi sa quale sarà il punto di arrivo e chi, inconsapevolmente, contribuisce, per la sua parte, a raggiungere quel traguardo.
Il rischio è, anche, quello di decontestualizzare la riflessione, come quando si propongono una accanto all’altra singole frasi di autori differenti fra loro che, invece, sembrano, almeno da quei frammenti, andare nella stessa direzione.
Tocca a Presti rispondere a queste domande? A noi sembra che spetti alle istituzioni educative usare questa sollecitazione, questo evento per costruire percorsi e progetti che, nel fare quotidiano e nella ‘normalità’, in un processo condiviso collettivamente, sappiano coniugare insieme contenuti e forme, in una dimensione culturale laica e critica.

7 Comments

  1. troppe barriere architettoniche già l’anno scorso alla Campanella Sturzo… Quest’anno non provo nemmeno ad andarci…

  2. Un flusso incredibile di migliaia di persone, tanta bellezza che le barriere architettoniche, se ne esistono, diventano armonia. Non ho mai visto una fila di gente composta e civile in attesa di segure un percorso iniziatico culturale. Tutti ne abbiamo bisogno, Catania ne ha di bisogno, il mondo ne ha di bisogno. Ancora una volta il grande intelletto di Antonio Presti ha fatto centro.

  3. Bello ed emozionante, 30 minuti di attesa per entrare ma ne e’ valsa la pena, un pecorso di 3 ore pieno di sensazioni surreali e metafisiche, un respiro di liberta’ che avevo dimenticato da tempo. Questo rito mi ha fatto ritrovare le corde del mio spirito che pensavo fossero inarridite. Grazie Presti per avermi fatto sognare.

  4. Impressionata da tanta bellezza. Finalmente a Catania accadono degli eventi interessanti grazie ad una mente eccelsa come quella di Antonio Presti. Comune e Regione assente….. e meno male, avrebbero sporcato questo grande evento. Gente tantissima, straordinariamente composta. Un grande esempio di civilta’ che solo la vera cultura puo’ dare.

  5. Constato che Antonella (“… tanta bellezza che le barriere architettoniche, se ne esistono, diventano armonia”), non avendo nessun tipo di disabilità, non comprende le implicazioni delle ‘barriere architettoniche’. Evidentemente ‘tanta bellezza’ non è per tutti, e pazienza per chi ne è escluso, non perchè lo abbia scelto, ma suo malgrado. Se vogliono portare avanti un percorso di civiltà, gli organizzatori dovrebbero almeno porsi il problema.

  6. Festa magica tra migliai di candele e chilometri di velo. Non ho mai visto tanti artisti susseguirsi in esibizioni meravigliose. Bello e suggestivo.

  7. Cara Alba,
    ti chiedo umilmente scusa, non ho pensato ne capito il tuo disagio, ho solo voluto manifestare il mio entusiasmo. Io ho vissuto queste giornate, da mamma, da insegnante, da pubblico, da persona sensibile. Ho condiviso a 360 gradi questo grande momento di condivisione con il lavoro faraonico della Fiumara d’Arte di Antonio Presti. Io vorrei tanto entrare dentro la straordinaria organizzazione di Fiumara d’Arte, non so come, ma vorrei tanto, anche per aiutare delle care persone come te. Da quello che leggo, dagli articoli e servizi televisivi pubblicati, il buon mecenate Antonio Presti, da sempre pensa lui a tutto a livello culturale. La parte logistica deve essere compito e impegno dell’amministrazione, ma tutti sanno che la cultura non viene sostenuta, ne a livello comunale, ne a livello regionale. Deve essere l’istituzione a fornire tutto il supporto per evitare barriere architettoniche e non l’organizzazione che già fa tanto con le scuole, gli artisti e le spese di allestimento. Aiutare un evento così importante da parte delle istituzioni dovrebbe essere normale, ma questo non accade a Catania. I nostri amministratori hanno altro da fare.

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