Ieri invece, davanti al palazzo di Giustizia prima e a piazza Stesicoro nel pomeriggio, c’erano tanti altri cartelli e drappi accanto allo striscione rosso de Le Voltapagina, il gruppo che ha promosso l’evento portando nella città dell’Etna l’iniziativa di Giulia giornaliste per Lo sciopero delle donne.
C’era SNOQ CT e l’Udi Catania, il Centro Antiviolenza Thamaia e l’AssociazioneSen Licodia, nata dopo il fenmminicidio di Stefania Noce. C’era Arcigay Catania e l’Associazione Antimafia Rita Atria, Casablanca, e La Ragna-Tela (Rete catanese di donne e uomini affinché la violenza sessista abbia fine).
C’era il COPE e l’ASIFI, OpenMind GLBT Catania con la CGIL e l’ANPI, TILT Sicilia, l’Associazione Culturale “XXI in scena – Associazione Etna ‘ngeniousa” con la FIOM, l’Ass. 25 novembre giornata mondiale contro la violenza alle donne e l’Osservatorio su Catania. E sicuramente ne stiamo dimenticando qualcuna.
Perché il 25 novembre? Perché palazzo di giustizia? Non solo perché – lo ricordiamo – il 25 novembre del 1960 tre donne sudamericane, tre sorelle, Patria Mercedes, Maria Argentina Minerva e Antonia Maria Teresa Mirabal vennero uccise in un campo di canna da zucchero, subito dopo aver fatto visita ai mariti reclusi in carcere. Erano colpevoli di essersi opposte ad una delle tirannie più spietate dell’America Latina, quella del dittatore della Repubblica dominicana Rafael Leònidas Trujillo che si era impadronito del potere, nel 1930,attraverso elezioni truccate.
Nessuna ingerenza nel corso della giustizia; solo una presenza muta ma eloquente. Insieme alle donne e agli uomini sul piazzale, foto grandi e piccole: ritraggono Stefania ad una manifestazione femminista con un cartello “Non sono in vendita”.
Nel pomeriggio la scena si sposta in piazza Stesicoro accanto alle rovine del teatro romano ed è subito festa. Al centro della piazza ci sono le sedie di posto occupato, panno e scarpa rossa, “riservate” alle donne che sono state uccise.
Si alternano le metalmeccaniche della Fiom con attrici come Egle Doria o con donne comuni. Vengono letti brani dal “Jean Gabin” di Goliarda Sapienza o da Ferite a morte della Dandini. L’associazione Sen, acronimo di Stefania Erminia Noce, ci fa ascoltare una canzone sui testi della studentessa di Licodia, Donne.
Alla fine un atto simbolico e liberatorio. Dopo aver letto una poesia di Emma Baeri, femminista storica di Catania, il gruppo de Le Voltapagina solleva dei piatti, li getta per terra e li rompe così con grandi fragore e cocci. Qualche piatto rimane da parte, non utilizzato. Subito alcune donne presenti, entusiaste davanti alla distruzione “dei falsi idoli”, se ne impadroniscono e li rompono a loro volta.
Le rivoluzioni sono contagiose. Speriamo
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Le rivoluzioni sono contagiose, verissimo, speriamo siano altrettanto contagiose le pratiche di queste donne, solo per citare le ultime, che hanno costruito con generosità, intelligenza e passione questo splendido 25 novembre.