Sul palco è salito anche il figlio Luca, in platea c’era la moglie, Anna, e dietro, via via, gli amici e coloro che lo hanno conosciuto e mai dimenticato. Mentre sullo schermo scorrevano le immagini della Plaja negli anni 30 e 40 e 50, Biagio Guerrera e Salvatore Zinna davano voce alle sue parole, quelle di Nino Recupero, un grande e finissimo quanto umile intellettuale catanese, sempre controcorrente, sempre dietro quinte.
Abbiamo avuto il piacere anche di riascoltare la sua voce, l’inflessione dialettale né occultata nè ostentata, nel corso della serata-omaggio, a dieci anni dalla morte, che allo storico ha dedicato l’Associazione Musicale Etnea al cineteatro Odeon. Ci raccontava Catania, Nino. Ci racconta “Catania tra nostalgia sottile e vitalità irrefrenabile”. Questo il titolo di un prezioso, imperdibile volumetto postumo, edito da Mesogea, che ci consegna alcuni suoi scritti.
Recupero descrive Catania come “una città che fa, che costruisce, che si muove…” ma “…del passato, a dire il vero, si cura poco, nel senso reale di costruire musei , di rendere agibili i monumenti, di pensarlo entro se stessa. Ma che lo glorifica, questo passato, in una cifra nostalgica”. E auspica: “Non ci resta che sperare che i nostri ospiti stranieri si fermino un po’ più a lungo. Che possano cioè avere il tempo, dopo aver visto l’obbligatoria via Crociferi e la via della civita, di seguirci ad ammirare il déco novecentesco del cinema Odeon e di largo dei Vespri, o le ville al viale. Che possano confrontare il bel ricamo bianco e nero del cortile dei Gesuiti, del Collegio Cutelli e dell’Università con gli astratti trafori della nuova città universitaria. Che riflettano su come la più brutale vitalità si possa sposare, sotto l’Etna, con un sottile sentimento di perdita”.
E poi ci prende per mano e ci accompagna anche nella Catania sotterranea e sordida, insieme a Turi Salemi, amico dotato della raffinatezza della poesia e della profondità della follia. Recupero scrive tanto in particolare della Plaia. Vengono letti alcuni testi sulla spiaggia di sabbia bionda che dal faro Biscari si allunga per chilometri.
I ricordi di Nino, bambino e poi ragazzo e uomo si intrecciano con la Storia della spiaggia dei catanesi dall’unità d’Italia ai suoi giorni. Recupero ci fa conoscere la Plaja prima dei bagni, proprietà privata del principe Biscari che vi sfruttava le cave di sabbia e quelle più interne di pietra lavica e vi aveva creato un vivaio. E la Plaja dell’800 con i costumi al ginocchio; quella del ‘900 descritta da Brancati a Leo Longanesi. E dopo la guerra e il dopoguerra “la Plaja di tutti”.
Facevano da contrappunto ai testi di Recupero le musiche di Vincenzo Bellini, Arvo Part, Frederic Rzewski, Dario Fortunello, eseguite dallo stesso Fortunello al pianoforte, da Adriano Murania al violino e anche un assolo di marranzano di Luca Recupero, sfondo acustico a uno scritto sul funerale di un amico comunista.
Alla fine, a sottolineare la passione civile e politica di Nino, variazioni sul tema di El pueblo unico jamàs serà vencido! , la canzone composta dal musicista cileno Sergio Ortega diventata dopo il golpe, un simbolo della lotta per la democrazia in tutto il mondo.
Questa la cronaca sicuramente parziale della serata omaggio. Ma Argo vuole ricordare Nino Recupero anche con la testimonianza di uno di noi che lavorò al suo fianco per dieci anni, Nino Indelicato.
Per una provvidenziale circostanza mi sono ritrovato a condividere, fra il 1982 e il 1992, la stessa stanza di lavoro con Nino Recupero. Naturalmente lo conoscevo già di vista e per fama fin dai tempi dei miei studi universitari, ma non avevo mai avuto modo di frequentarlo personalmente. Il primo incontro avvenne a casa sua e, con mia sorpresa, mi ritrovai davanti una persona timida, quasi impacciata, che però cercava di fare di tutto per mettermi a mio agio. Il reciproco disagio, tuttavia, svanì presto, per lasciare posto ad un rapporto di lavoro che divenne in breve anche di amicizia, per quanto almeno consentiva la sua naturale riservatezza e discrezione.
Il ricordo, ancora vivissimo, che ho di lui probabilmente non è diverso da quello di chi ha avuto il privilegio di frequentarlo, ma avendo avuto la possibilità di osservarlo direttamente mentre era impegnato nel suo lavoro quotidiano mi permette di aggiungere qualche sottolineatura un po’ più esclusiva. Tutti conoscono, attraverso i suoi scritti, la poliedricità dei suoi interessi che sono legati certamente alla sua naturale curiosità culturale ma, in certi casi, erano l’esito anche della sua generosità intellettuale. Posso infatti testimoniare che erano tante le persone che lo venivano a trovare in Università per chiedergli un intervento in qualche manifestazione pubblica o uno scritto o anche solo un consiglio e che quasi mai lui si tirava indietro, anche se ciò lo distraeva, e non poco, dal suo ordinario lavoro.
Personalmente, proprio in quegli anni, iniziavo a occuparmi di didattica della storia, cercando di aprire un terreno di sperimentazioni che coinvolgessero soprattutto gli insegnanti delle scuole medie superiori. Nino mi ha sempre sostenuto e incoraggiato a percorrere questa strada, anche con suoi apporti personali, e non solo perché era, in qualche modo, il diretto responsabile del mio lavoro, ma perché l’attenzione a questi aspetti della trasmissione del sapere faceva parte del ‘suo’ modo di fare il docente universitario, sensibilità che certo non condivideva con molti dei suoi colleghi.
Ho avuto modo di verificare questa convinzione soprattutto durante gli incontri di ricevimento dei laureandi. Anche in questi casi, Nino non si tirava mai indietro e quasi sempre iniziava, con questi studenti, un dialogo culturale e formativo che io potevo seguire in presa diretta. In queste occasioni, infatti, finivo per interrompere il mio lavoro per ascoltare, con discrezione, quanto si diceva all’altro angolo della stanza perché anche per me era un vero e proprio godimento intellettuale. Si trattava, infatti, di una inesauribile miniera di consigli di lettura, di indicazioni di metodo di ricerca, di suggerimenti per la scrittura e la revisione di quanto già scritto che mi faceva vivere l’esaltante esperienza, per me che ne avevo ‘fame’, di ascoltare e imparare da un ‘maestro’, nel senso più pieno della parola.
Non so quanto questa sensibilità e questa generosità abbiano giovato alla sua carriera accademica che, invece, si nutre spesso di chili di carta il cui valore effettivo è, quanto meno, dubbio. Dopo la fine del nostro rapporto di lavoro e il suo trasferimento prima a Trieste e poi a Milano, ci si incontrava sporadicamente, pur essendo rimasto intatto il mio affetto per la sua persona. L’ultima volta che l’ho incontrato, casualmente, in via Androne, probabilmente era già malato, ma non me ne fece parola. Mi raccontò invece della sua ennesima partecipazione ad un concorso a cattedra, ma sempre con un atteggiamento fra il distacco e il disincanto di chi non si aspettava nulla di positivo.
Ci ha lasciati, con la sua innata discrezione, ormai da dieci anni e ancora da professore associato: non so se e quanto l’Accademia abbia mai provato vergogna o sensi di colpa per questa palese iniquità.
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Bell’articolo. Buona serata di convivialità civile e democratica.
Grazie per questo ritratto di Nino Recupero. Me lo ha fatto ‘ri-vedere’ come era davvero, come se fosse ancora qui con noi, modesto e attento, intelligente e generoso, come pochi