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Rapporto SVIMEZ, sprofondo Sud

Posteggiatori e ambulanti abusivi, ‘lape’ che raccolgono ferro, ladri di cavi elettrici e tombini di ghisa –i lavori di chi non ha un lavoro-, ma anche sale da scommesse e agenzie che offrono prestiti: le nostre strade, per chi li vuol vedere, offrono in quantità indizi della dilagante difficoltà, per tante persone, di sbarcare il lunario.
Il 30% delle famiglie siciliane vive ormai al di sotto del livello di povertà, contro il 6,5% delle famiglie del centro-nord. Il tasso di disoccupazione reale, sempre in Sicilia, al 33%; il PIL pro-capite al 65,8 (fatto base a 100 per l’Italia), contro il 117,2 del centro-nord.
Dietro queste fredde cifre dell’ultimo rapporto SVIMEZ si profila il dramma umano e sociale, prima ancora che economico, che sta vivendo la nostra isola e la spaccatura sempre più profonda che sta segnando il nostro paese.
Lo storico e mai colmato dualismo che ha segnato da sempre il nostro paese ha ripreso a crescere: nel 2012 la regione più ricca, la Valle d’Aosta, ha registrato un Pil-pro capite di 34.415 euro contro i 16.546 della Sicilia.
Negli anni della crisi, dal 2008 al 2012, i consumi della famiglie meridionali si sono ridotti del 9,3%, oltre due volte in più del Centro-Nord (-3,5%), gli investimenti sono crollati al Sud del 25,8%, con un peso determinante dell’industria (-47% dal 2007 al 2012), con la conseguente crescita esponenziale della disoccupazione.
E ancora, nonostante il positivo incremento degli immigrati, le tendenze demografiche segnalano un progressivo invecchiamento della popolazione che ormai registra un anziano ogni tre abitanti e una sostanziale parità tra le persone in età lavorativa e quelle troppo anziane o troppo giovani per farlo, con conseguenti problemi per la sostenibilità del sistema del welfare.
Per non parlare, poi, della ripresa dell’emigrazione verso il centro-nord e l’Europa: solo nel 2011 si sono trasferiti circa 114 mila abitanti, 24.000 dei quali provengono dalla Sicilia, con l’aggravante, a differenza di altre epoche che il 64% di essi, oltre due su tre, aveva un titolo di studio medio-alto, diploma o laurea.
E ad essi vanno aggiunti gli oltre 155mila pendolari di lungo raggio del 2012 (di cui 29mila siciliani) che, pur mantenendo la residenza a Sud lavorano al Centro-Nord o all’estero, falsando ulteriormente, fra l’altro, la realtà del lavoro nell’area meridionale.
Sono cifre che rendono bene la dimensione epocale di questa crisi. Ma, se a questo quadro siamo, in qualche modo, assuefatti, ciò che rischia di renderla drammaticamente irreversibile è l’impatto che essa sta avendo sui giovani.
Il tasso di disoccupazioni dei giovani entro i 24 anni è del 51,3% (28,9% al Centro-Nord); il 40% di giovani fra i 15 e i 34 anni che non studiano e hanno anche rinunciato a cercare un lavoro (i cosiddetti neet). E non bisogna dimenticare che il lavoro nero è una realtà altrettanto dilagante e contribuisce solo in parte, e fittiziamente, a mitigare la triste realtà.
Naturalmente molte altre sono le informazioni che il Rapporto Svimez fornisce, a fronte delle quali, sul piano delle proposte, non può far altro che snocciolare uno sconsolante rosario di “è necessario, occorrerebbe, si dovrebbe, sarebbe opportuno, …”.
Ma intanto disoccupazione, mancanza di investimenti, diminuzione del reddito disponibile, abbassamento del livello dei consumi, sono tutti fattori che si intrecciano fra di loro e che stanno facendo avvitare la società meridionale in una spirale di declino che, per usare la stessa espressione dei ricercatori, lasciano profilare un vero e proprio scenario di ‘desertificazione produttiva’ il cui esito finale è facilmente intuibile, anche in termini di rafforzamento della presenza della criminalità organizzata, in tutte le sue fattispecie.
Ma soprattutto le persone che stanno dietro questi numeri puntano il loro dito accusatore contro i tanti, presunti, scandali della politica e dell’amministrazione regionale che si stanno profilando, finalmente, nell’orizzonte giudiziario. Presunti non perché siano ancora da dimostrare, ma perché da sempre sono sotto gli occhi di tutti, tranne che per quelli che avrebbero il compito di vedere e sanzionare, magistratura inclusa.
Ci riferiamo all’enorme voragine di sprechi improduttivi quale è stata, finora, la formazione regionale, alla sproporzionata e immotivata crescita fuori controllo della spesa farmaceutica, alla vendita di prestigiosi immobili di proprietà pubblica per un tozzo di pane e al loro immediato riaffitto a prezzi esorbitanti. Ma l’elenco, siamo sicuri, è ancora ampiamente incompleto.
E intanto i nostri ‘dipendenti’ al Parlamento regionale, pentastellati compresi, si trastullano con le procedure parlamentari che non portano da nessuna parte, se non alla persistente e prolungata paralisi della normale attività legislativa, ma che, in cambio, danno molta visibilità sulla stampa.

Argo

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