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Donne nella Chiesa, sempre ruoli subordinati?

La Chiesa ha bisogno della tenerezza, una dote squisitamente femminile, e potrebbe esserne più ricca se riservasse un maggiore spazio alle donne. Questa una delle riflessioni scaturite all’interno dei due incontri organizzati, a distanza ravvicinata, da Pax Christi e dalla parrocchia SS Pietro e Paolo, sul tema della presenza femminile dentro la Chiesa.
Il primo, dedicato a “Il ruolo della donna nella Chiesa, tra Scrittura, tradizione ed esclusione”, è stato coordinato da Giuliana Mastropasqua, il secondo è stato dedicato alla presentazione del libro, edito da Carocci, ‘Le madri del Concilio‘, della teologa Adriana Valerio.
Sono proprio i Vangeli a raccontarci come Cristo, in un periodo in cui le donne non avevano un ruolo sociale ed erano spesso considerate “impure”, abbia valorizzato le loro persone e sia stato talvolta indotto a superare la propria riluttanza a compiere alcuni gesti.
Così avviene alle nozze di Cana, quando Maria spinge il figlio Gesù a compiere il suo primo miracolo o con la donna cananea che, vedendosi rifiutare la guarigione della figlia malata perché non fa parte della casa d’Israele, tiene testa a Gesù in un fiero dialogo fino a piegarne la volontà con la sua grande fede.
E non mancano esempi di donne, come le sorelle Marta e Maria, che mostrano l’efficienza dell’agire ma anche la profondità contemplativa di cui la donna è capace. La Samaritana, nell’incontro con Gesù al pozzo di Giacobbe, riceve addirittura il compito di testimoniare agli altri la venuta del Messia, così come Maria di Magdala, di fronte alla tomba vuota del Cristo, riceve da lui il mandato di annunciare la sua risurrezione.
Ancora nelle prime comunità cristiane, le donne ebbero una certa visibilità e collaborarono con Pietro e Paolo, come si evince sia dagli Atti degli Apostoli sia dalle lettere di Paolo. Come mai, allora, nel corso dei secoli, la Chiesa non ha raccolto questa eredità ed ha lasciato che la donna fosse retrocessa ad un ruolo d’inferiorità antropologica ed etica?
Evidentemente la Chiesa non è stata capace di influenzare le culture con cui è venuta a contatto e di riconoscere alle donne un ruolo non subalterno nelle diverse società. Mancando una corretta ermeneutica, i testi del Nuovo Testamento non hanno avuto la giusta interpretazione e si è lasciato che la donna venisse sempre giudicata secondo la tradizione giuridica romana.
Si deve arrivare alla seconda metà del XX secolo, a papa Giovanni XXIII e alla sua enciclica “Pacem in terris” nonché ai documenti del Concilio da lui voluto (specialmente “Gaudium et Spes” e “Lumen Gentium”) perché la donna abbia un qualche riconoscimento sia come laica sia come religiosa.
Fu poi Paolo VI, all’apertura della terza sessione, ad annunciare che 23 donne -13 laiche e 10 religiose- avrebbero partecipato come uditrici ai lavori del Concilio (nelle precedenti sessioni, le nomine per la loro presenza non riuscivano ad arrivare…). Sono le “Madri del Concilio” di cui parla Adriana Valerio nel suo libro.
Le rappresentanti del mondo femminile hanno fatto proposte su temi riguardanti il matrimonio, la famiglia, le vedove di guerra… e sono state determinanti per snellire l’anacronistica “mise” degli abiti delle religiose.
Dalle “memorie” delle uditrici apprendiamo però che esse si aspettavano una maggiore apertura nei loro confronti, mentre sono state escluse da molte commissioni e qualcuna di loro ha anche abbandonato l’assemblea quando venivano boicottati temi scottanti come quelli riguardanti la contraccezione, il celibato dei sacerdoti, il ministero ecclesiale delle donne, la sessualità.
Tutti temi in cui ha prevalso il parere delle minoranze curiali mentre erano i cardinali stranieri a mostrarsi più concilianti. E ancora oggi non è detto che la situazione sia sostanzialmente modificata.
All’apertura del Vaticano II Giovanni XXIII ricordava: “E’ appena l’aurora…” ma, si è chiesta Adriana Valerio, quando verrà il giorno”?

Argo

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  • Se pax Christi e SS.Pietro e Paolo hanno affrontato questo delicatissimo argomento, oggi più che urgente non solo per i cattolici, c'è speranza per una Catania addormentata, o peggio cosciente su tanti aspetti non solo religiosi.

  • per fortuna del mondo al femnminile che non vi sono posti di responsabilità per le donne nell'ambito della Chiesa cattolica. Me ne starei volentieri fuori e ne avrei financo paura. Quello della Chiesa cattolica è un mondo pauroso da tenere alla larga. Le donne sono solo delle facili e stupide prede. E per loro fortuna non hanno diritto a posti di controllo al di fuori delle vecchie badie e cioè i rari conventi.

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