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Clandestini, le parole della paura

La battaglia che ci ostiniamo a combattere contro alcune migliaia di esseri umani che fuggono da guerre, persecuzioni politiche e carestie, passa anche per le parole che usiamo per definire questa gente e le loro azioni. Queste parole, usate a piene mani dai media e divenute correnti nel linguaggio di una buona parte degli italiani, le ha raccolte e commentate in un libro-manuale Giulio Di Luzio, giornalista barese. ‘Clandestini. Viaggio nel vocabolario della paura‘ il titolo, Ediesse edizioni.
Messi in ordine alfabetico ecco dunque i termini che le famiglie ascoltano ogni giorno dai Tg e leggono in grassetto sui titoli dei quotidiani: parole disoneste, atte a montare una rappresentazione fuorviante della realtà, nella volontà di distorcere la percezione reale del fenomeno migratorio che ha interessato l’Italia e l’Occidente in questi ultimi decenni.
Allora i quartieri che registrano una percentuale significativa di residenti stranieri diventano “banlieu di frontiera”, “quartieri Far West”, messi spesso “a ferro e fuoco” da tumulti e ribellioni che ispirano panico e ripulsa e generano il “caos” nel paese ospitante.
I barconi con i migranti, spesso composti da qualche decina di donne incinte, minori non accompagnati e uomini sfiniti, sono “orde”, “ondate”, “maree” che premono sulle nostre coste, “invasioni” che non si sa come rintuzzare, ricacciare indietro, “emergenze” peraltro sempre invece facilmente prevedibili, che portano a situazioni sempre prevedibilmente “fuori controllo”.
Del resto queste parole ansiogene, tese a creare un clima di sospetto e di ripulsa, sono il frutto di decenni di legislazioni improntate all’emergenza ed al rifiuto per queste persone, che vengono da noi credendo di trovare accoglienza e solidarietà.
Così non meraviglia che i “migranti”, i “profughi politici”, i “richiedenti asilo”, i “rifugiati”, gli “irregolari”, vengano tutti accomunati dai nomi dispregiativi di “clandestino” ed “extracomunitario”, nomi che hanno l’obiettivo di fare sparire le storie drammatiche che queste persone hanno alle spalle, le loro legittime richieste, le giuste aspirazioni e che vogliono invece sancirne l’esclusione, l’estraneità ad una società che nulla vuole aver a che fare con la loro condizione sempre sul filo dell’illegalità.
Ognuna di queste parole viene dunque affrontata da Di Luzio nel suo libro, analizzata, demistificata e ricondotta al suo uso improprio, falsificatorio, razzista e fuorviante. E le parole, svelate nella loro vera natura, nel loro scopo più riposto, denudate nella verità, chiedono al lettore di provare un sentimento di vergogna che si accompagni ad un moto d’indignazione e che possa dar luogo ad una presa di posizione.
Per questo abbiamo parlato di un libro-manuale, strumento per analizzare certi fenomeni sociali e politici in cui ci troviamo immersi, quasi un manuale di autodifesa da certi luoghi comuni, dai logori stereotipi, dai bombardamenti mediatici che hanno creato un deserto umano e morale nel nostro paese.
Perché questo tutti lo sappiamo: ci sono parole che condannano, che escludono, che soffiano sul fuoco dell’odio e del sospetto, che generano ingiustificato allarme e paura, e sono sempre le figlie degeneri di leggi ingiuste ed interessi iniqui.
Sono l’espressione di una cattiva politica e finiscono per diventare lo specchio di una società, rendono un inferno il presente e fanno tabula rasa del futuro.
Cominciare a ribellarsi alle parole disoneste, vederle per quello che sono, prendere posizione, significa cominciare a vederci meglio, cosicché le “orde” che ci “invadono” ridiventerebbero donne, bimbi, ragazzi, uomini, esseri umani alla ricerca di un futuro migliore, insieme a noi.
 
 

Argo

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  • Ecco un vero e degno premio Nobel per la Pace da conferire subito senza attendere nuovi "rimpatri" o peggio "centri d'accoglienza".

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