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La guerra dei parchi archeologici a Catania

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Il teatro greco romano di Catania

Un articolo di P. Leocata dello scorso 13 febbraio dava notizia della soppressione dei parchi archeologici esistenti a Catania e provincia, suscitando un vespaio e scandalizzate dichiarazioni, con annesse interrogazioni parlamentari, di esponenti di centro, destra e sinistra.
Al di là delle tronfie denominazioni istituzionali che si possono leggere sul sito dell’Assessorato regionale, stiamo parlando delle aree archeologiche di Paliké, in territorio di Mineo (ma non di Occhiolà, attualmente gestita da un consorzio privato), del museo di Adrano e di ciò che rimane dei resti dell’antica città, dell’area di S. Venera al pozzo, in territorio di Aci Catena e dell’area della Catania romano imperiale – con il suo teatro, l’Odèon, l’anfiteatro e le terme della Rotonda e dell’Indirizzo (ma non le terme Achilliane che sembrano integrate nelle gestione del Museo diocesano).
La sovrintendenza di Catania propone di non inserire alcun parco archeologico nel territorio della Provincia “in quanto non sussistono le condizioni logistiche e i presupposti scientifici individuati dagli strumenti normativi vigenti”. Con queste testuali parole si è espressa la sovrintendente Vera Greco, in risposta alla richiesta del nuovo dirigente generale dei Beni culturali, Sergio Gelardi, nominato da Crocetta in sostituzione di Gesualdo Campo.
L'area archeologica di Paliké (Mineo)

Gelardi, infatti, alla scopo di chiudere le procedura ancora incompleta per l’istituzione dei parchi archeologici, aveva chiesto a tutti i sovrintendenti siciliani il loro parere sui parchi esistenti per decidere sul da farsi.
Sulla base di questo parere, formulato, a quanto sembra, senza aver interpellato i diretti responsabili dei parchi, il dirigente regionale ha di fatto chiuso -con la loro cancellazione- la pratica dei parchi catanesi, istituiti proprio dal suo predecessore nel luglio del 2010.
Gelardi tuttavia non si è nascosto dietro un cerino e si è assunta per intero la responsabilità della decisione sostenendo, a sua volta, che la legge «non è stata rispettata», soprattutto perché non si è proceduto a una perimetrazione delle aree e alla delimitazione di una zona di rispetto assoluto, a cui se ne deve aggiungere un’altra di tutela, in cui è possibile insediare attività per la valorizzazione del bene.
E anche se questi parchi non sono stati configurati come enti autonomi, con annesso consiglio di amministrazione, sono stati invece subito creati un gran numero di uffici archeologici con il relativo personale.
Le terme di S. Venera al pozzo

In particolare, per il parco di Santa Venera al pozzo, Gelardi ritiene che non ricorrano i presupposti per la sua istituzione in quanto non abbastanza vasto, mentre, per Catania città, fa notare che si trova già all’interno di un’area fortemente urbanizzata e quindi più efficacemente gestibile da una Sovrintendenza, semmai rafforzata.
Per tutti i parchi di Catania e provincia sia la sovrintendente che il dirigente generale hanno comunque espresso il parere di una maggiore convenienza economica della gestione diretta della sovrintendenza, parere che però ancora deve passare al vaglio dell’assessore ai Beni culturali, che potrebbe comunque non accettarlo, in tutto o in parte.
G. Campo, chiamato in causa, ha confermato che, in effetti, non sono stati creati nuovi enti “ma ordinari uffici dell’amministrazione gerarchicamente organizzati senza costi aggiuntivi rispetto a quelli comunque da assumere per la manutenzione delle aree archeologiche interessate e per gli stipendi del personale dipendente.”
Queste strutture intermedie del Dipartimento regionale dei beni culturali, denominate “Servizi parchi archeologici”, hanno compiti di promozione e valorizzazione, mentre restano attribuite alla Soprintendenza la tutela e le funzioni di presidente del Comitato tecnico-scientifico di ciascun parco.
Il motivo pratico della loro istituzione è di natura amministrativa, in quanto in tal modo sono messi in condizione di incassare direttamente “i proventi derivanti dalla vendita dei biglietti di ingresso agli istituti ed ai luoghi della cultura, nonché dai canoni di concessione e dai corrispettivi per la riproduzione dei beni culturali” in modo che siano “destinati alla realizzazione di interventi per la sicurezza e la conservazione dei luoghi medesimi.” Diversamente questo flusso di denaro dovrebbe passare dalle casse regionali, per poi eventualmente essere ripartito.
Secondo Campo, comunque, aver attribuito a un dirigente responsabile unicamente la valorizzazione del Servizio Parco archeologico cui è stato preposto, ha dato “cospicui frutti rispetto alla organizzazione precedente che vedeva il Soprintendente, già gravato dalle mille competenze territoriali in amministrazione attiva e come organo di controllo, responsabile di tutte le aree archeologiche ricadenti nella provincia di competenza.”
Ad esempio, a fronte della misera dotazione di 3.000 euro l’anno, il parco catanese, lo scorso anno, ne ha incassato più di 100.000, grazie a mostre, spettacoli, performance e visite guidate.
Le mura dionigiane di Adrano

In effetti, per la sua articolazione e la sua diffusione nel territorio, solo quest’ultimo, a parere di noi profani, avrebbe bisogno di una gestione separata. Gli altri tre siti, più omogenei ma molto più piccoli, non sembra abbiano bisogno di una struttura a sé stante, tranne forse Adrano, tanto più che quello di Mineo è a ingresso gratuito e quello di S. Venera fa pagare solo 2 € (1 per i ridotti).
Piuttosto, ciò che sembra preoccupare Gelardi è la paura che si creino dei carrozzoni sovradimensionati. Purtroppo pare che a questo ci siamo già arrivati. A giudicare infatti dai dati presenti sui diversi link del sito istituzionale dell’Assessorato regionale (ma potrebbero  non essere aggiornati), a Mineo sono occupati 2 dirigenti e 7 impiegati a vario titolo; ad Adrano, 3 dirigenti e 12 impiegati; ad Aci Catena, ben 3 dirigenti e 18 impiegati; a Catania, 4 dirigenti e 37 impiegati.
A lume di naso, ci sembrano cifre decisamente spropositate.
La partita resta tuttavia ancora aperta e, volendo tirare provvisoriamente le somme, si dovrebbe evitare di fare di tutta l’erba un fascio ed esaminare le situazioni caso per caso, in modo da prendere ogni volta le decisioni più opportune ed efficaci.

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