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Una catanese racconta plaza de Majo

Bambini costretti ad imbracciare le armi e ad uccidersi l’un l’altro, ragazzini sfruttati sul lavoro per 12 ore al giorno, bambine costrette a lasciare la scuola per aiutare la famiglia, ragazze che vivono in sogno l’incubo dell’infibulazione. Sono alcune delle storie raccontate dalla scrittrice catanese Miette Mineo nella raccolta di racconti “La bambola graffiata”, Edizioni Prampolini. Impegnata in Amnesty International e con un passato da insegnante, la Mineo accende i riflettori sulla situazione dei minori in quella parte di mondo in cui i diritti non hanno cittadinanza e soprattutto ai bambini, i più deboli, viene negata una vita degna di questo nome.
I racconti trattano temi di scottante attualità, anche quello che rievoca la drammatica situazione vissuta dagli oppositori della dittatura che insanguinò l’Argentina tra il 1976 e il 1983. Una giovane coppia, lei in attesa di un figlio, fugge dalla dittatura in direzione del Paraguay. Vengono fermati all’ultimo posto di blocco e separati. Dopo sette mesi la ragazza partorisce una bambina che le viene sottratta. Della neonata, che ha potuto vedere solo per poco, le resta una ciocca di capelli. Ritroviamo la madre, ormai adulta, sulla “plaza de Majo” a Buenos Aires, col fazzoletto bianco in testa, insieme ad altre madri e nonne di “desaparecidos”.
Per anni le “madri della piazza di maggio”, anche quando il paese era ancora dominato dal terrore, si sono radunate ogni giovedì e in silenzio hanno camminato a cerchio attorno all’obelisco che si trova nel centro della piazza, chiedendo con la loro muta presenza di conoscere la sorte dei figli e delle figlie, sequestrati, torturati, uccisi. Hanno continuato anche dopo la fine del regime, chiedendo che fosse fatta giustizia. Accanto a loro le nonne (las abuelas), in cerca dei nipoti sottratti ai genitori, quasi sempre barbaramente eliminati, e dati segretamente in affidamento a famiglie di militari. Lavorando con tenacia alla ricostruzione dei percorsi di alcuni di loro, las abuelas sono riuscite a censire circa 400 bambini, nati in quegli anni, di cui si erano perse le tracce e a rintracciarne quasi un centinaio, anche attraverso la prova del DNA.
Proprio a luglio di quest’anno l’ex dittatore argentino, il generale Vileda, è stato condannato a 50 anni di carcere per la “pratica sistematica” di sottrazione di minori. A pene leggermente inferiori sono stati condannati anche altri esponenti della giunta militare. Las abuelas hanno rilasciato un sobrio comunicato in cui in cui dichiarano che continueranno la loro ricerca finché non si avrà notizia di tutti i piccoli rapiti.
Della complessa problematica vissuta da questi giovani quando scoprono non solo di non essere figli di quelli che consideravano i propri genitori, ma che coloro che li hanno allevati sono spesso complici o autori della morte dei loro veri genitori, si è occupato il regista Marco Bechis nel film Hijos/Figli.
Alle “madri di piazza di maggio” Raniero La Valle ha dedicato un capitolo del suo libro,” Questo nostro Novecento“, presentato a Catania nello scorso mese di gennaio.  Leggi il testo del capitolo in pdf.

Argo

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