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I Forconi litigano, i problemi restano

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Per giorni, i Forconi, hanno protestato anche contro la distrazione dei media, colpevoli, secondo loro, di oscurare la lotta di un intero popolo contro l’indifferenza dello stato nazionale. Poi, ‘rotto’ questo silenzio, hanno immediatamente, e orgogliosamente, indicato nei propri siti le televisioni, le radio e i giornali che parlavano di loro. Infine, l’apoteosi: l’arrivo nella piazza per eccellenza, quella di Santoro. Una piazza, in questo caso, particolarmente benevola.
Una ragazza che parla di futuro (e che concluderà il collegamento), due preti che “benedicono” la mobilitazione, nessuna traccia di chi, e ce ne sono stati tanti, ha formulato critiche ragionevoli, e fondate, di chi ha puntualmente denunciato intimidazioni e soprusi. Un servizio televisivo che, di fatto, ha rinunciato ad indagare sulla complessità del fenomeno.
Una mobilitazione reale, e capillare (anche se le immagini diffuse mostrano folle importanti, ma non oceaniche), che ha coinvolto persone molto diverse tra loro per provenienza e, probabilmente, divise rispetto alle stesse prospettive della lotta.
Una fase iniziale si è indubbiamente chiusa, è tempo, quindi, di fare un primo bilancio. Ricordiamo le principali richieste, tratte dalla pagina Fb di Morsello: “Costo energia elettrica a 0,030 €, defiscalizzazione, blocco dei prodotti provenienti dalla Cina e dai Paesi Esteri, costo gasolio e benzina a 0,70 €, accesso al credito, blocco della debitoria e procedure Serit e Equitalia, moneta popolare, risorse della Regione spese per lo sviluppo socio economico della Sicilia”.
Ci si chiede: come ha fatto un programma così vago e generico a mobilitare tante energie? Per capirlo guardiamo in primo luogo ciò che ha prodotto la crisi economica in Sicilia. Su Il Megafono” S. Perna scrive: “ Oltre il 40% dei giovani non trova sbocchi occupazionali […] gli indici del lavoro nero oscillano tra il 30 e il 40%; nelle aree industrializzate si estende a macchia d’ olio il sistema della paga globale (paghe onnicomprensive che non vengono corrisposte neanche in caso di infortunio o malattia); l’agricoltura vive un momento di grave difficoltà […] che il rincaro dei carburanti ha ulteriormente appesantito, [c’è una] difficoltà di accesso al credito, [è scarsa la] remunerazione della vendita dei prodotti agricoli rapinati da una filiera commerciale di avvoltoi, [un] grave danno [è] prodotto dalla grande distribuzione, […] dalla mancanza di un uso corretto delle risorse finanziarie regionali e comunitarie”.
Un contesto che modifica radicalmente la nostra domanda: come mai, finora, nessuno, o solo pochi, si sono mobilitati di fronte a una così tremenda assenza di futuro, di fronte a un così drammatico riproporsi della questione meridionale?
I “Forconi” hanno provato a dare voce a questo malessere. Lo hanno fatto demagogicamente ricorrendo a un vecchio/nuovo ‘armamentario’. Rivendicando il separatismo siciliano, denunciando che le ricchezze dell’Isola sono state rapinate dal Nord, individuando la vera mafia nello stato, contrapponendo i Borboni ai torinesi, e così via dicendo. Ma, soprattutto, lo hanno fatto proponendosi come paladini, di una diffusa critica alla politica e ai politici di professione, alla casta.
E ci sono riusciti. Nonostante, come abbiamo scritto, i ‘capi rivolta’ fossero stati, sino a ieri, interni alla casta. Nonostante vecchi e discussi politici, uno per tutti il siracusano Pippo Gianni, e altrettanto discussi imprenditori (Zamparini) si siano proposti come alfieri del nuovo.
Una mobilitazione, quindi, al contempo vera, reale e profondamente contraddittoria, che ha parlato di rivoluzione quando non c’era nessuna rivoluzione in atto, ma ha fatto sentire tutti i partecipanti protagonisti di un’esaltante pagina di storia. Non a caso sono stati più volte richiamati i Vespri siciliani.
Su tutto questo bisognerebbe riflettere con rinnovata attenzione; andando oltre le pur giuste denunce di chi ha dovuto chiudere le proprie attività commerciali non per scelta ma per imposizione; di chi ha contestato la presenza dei fascisti di ‘Forza Nuova’ nelle manifestazioni; di chi, pur in presenza delle forze dell’ordine, ha subito, nelle strade bloccate, una vasta gamma di soprusi.
Conclusa la prima parte della mobilitazione senza ottenere risultati concreti, sono stati invitati dall’ex (?) amico Lombardo (Presidente della Regione Siciliana) ad allentare la morsa sulla Sicilia e a indirizzare la protesta verso Roma. A questo punto, i capi della rivolta, secondo un copione della vecchia politica da loro così aborrita, hanno iniziato a litigare.
Ecco cosa scrivono due di loro (Ferro e Sgarlata) sul terzo, Morsello: “il signor Morsello si deve solo vergognare!! sono malati lui e la figlia e pur di dare forza a Forza nuova si stanno vendendo alle tv e ai giornali”! Frasi che rendono del tutto stonate le ‘profetiche’ parole di Morsello: “sta iniziando un vero e proprio “Rinascimento Siciliano” del quale anche i media internazionali iniziano a parlare”.
Se i Forconi litigano, i problemi restano. Invece di assistere passivamente alla prosecuzione della querelle, sarebbe necessario, come fecero il sindacato e le forze progressiste italiane per contrastare la rivolta reazionaria di Reggio Calabria dei ‘boia chi molla’, farsi carico di questo malessere. Il futuro della Sicilia non può essere nelle mani degli Scilipoti di turno.

1 Comments

  1. Alcune considerazioni sparse.
    Il problema degli agricoltori non è di ora. La Sicilia è una Regione a statuto Speciale. Una domanda, Ma i politici regionali, oltre che a fare leggi sugli stipendi. Che altro fanno?
    In Sicilia 61 seggi su 61 alle ultime elezioni per Berlusconi e adesso se la prendono con Monti. Il popolo (?)dei forconi si è fatto fregare bene. Questi votano a destra da sempre e ora improvvisamente diventano rivoluzionari.
    In Sicilia non hanno mai protestato e la partecipazione per cose molto importanti è stata sempre marginale e adesso tutto ad un tratto sono superorganizzati con vessilli e con magliette, cappellini e giubbotti “movimento dei forconi”. C’è chi sta investendo in questa impresa, chi e con quali fini ?
    E’ gente vissuta di sottobosco politico, “imprenditori” le cui aziende sono state messe in piedi solo per drenare denaro pubblico (le nostre tase), e creare buchi nei bilanci dei Comuni, delle Province delle Regioni e dello Stato.
    Come si può far capire al popolo (ed agli studenti !) che li segue che i soldi che i caporioni chiedono allo Stato (e che hanno avuto in passato) dovranno metterceli loro, ripianando le voragini nei bilanci pubblici con gli aumenti della TARSU e dell’ICI, con le addizionali IRPEF, con la riduzione delle pensioni e dei servizi sociali, scuola e sanità per prime.

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