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La traccia dell'angelo, Stefano Benni a Catania

Stefano Benni, scrittore visionario e ironico, giorno 21 ottobre ha presentato il suo ultimo libro, La traccia dell’angelo, edito da Sellerio, presso la libreria Feltrinelli di Catania

Il Lupo, Benni è chiamato così dai suoi fan, è stato disponibile e cordiale, intrattenendo per più di un’ora i numerosi catanesi  che affollavano il piano terra della libreria e firmando copie dei suoi libri. Invece di fare un monologo-lezione, Benni ha preferito rispondere alle domande del suo pubblico e ha raccontato alcune cose di sé, inframmezzando con aneddoti della propria vita riflessioni generali sulla letteratura, la linguistica, la politica.
Benni ha raccontato come nascono i suoi romanzi; di non essere una persona dalla penna facile, ma di aver bisogno di riscrivere più volte uno stesso pezzo prima di esserne soddisfatto. A volte capita che il gusto di far agire questo o quel personaggio gli prenda la mano e lo costringa a modificare la storia. E’ il caso, ad esempio, di Elianto, in cui alcuni personaggi, i tre diavoli, di contorno nella prima stesura, sono diventati coprotagonisti.
Un punto dolente rappresenta, per il Lupo, l’uscita del secondo film tratto da un suo scritto, Bar Sport, in questi giorni nelle sale. Benni se ne distacca: non ha collaborato alla stesura della sceneggiatura e non nasconde di non essere rimasto soddisfatto della pellicola.
A proposito di politica, non si poteva che parlare di Berlusconi. Così Benni confessa che, ad ispirargli il suo romanzo Baol, nel lontano 1990, fu proprio Silvio Berlusconi. Baol è ambientato in un ipotetico paese in dittatura, a cui capo c’è un Gran Gerarca degli industriali dotato del potere di alterare la realtà.
Il tema della dittatura non è raro nell’opera dello scrittore bolognese, in cui spesso ricorrono i temi della libertà, del rispetto per la natura, dell’inquinamento, della guerra, della paura. Ne La traccia dell’angelo si parla dello strapotere delle case farmaceutiche. Benni riesce a far ridere di questioni capitali perché ne parla con il rispetto profondo di chi le osserva dal basso, dal punto di vista di chi è soggetto al potere, ma non ne è assoggettato.  I maghi non sono moralisti, però sanno dov’è il trucco.

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