Non basta al governo di Karzai aver legalizzato lo stupro in famiglia. Il prossimo passo, che avverrà a breve, è il controllo diretto delle case per le donne maltrattate con l’esclusione delle organizzazioni non governative. Il provvedimento è stato preceduto da una denigratoria campagna di stampa che ha presentato come prostitute coloro che si rifugiano nelle case. La denuncia è del Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane (Cisda) e delle organizzazioni non governative afghane.
Adesso il ministero per gli Affari femminili prenderà il controllo dei centri e stabilirà chi ha diritto a essere ammessa alla protezione e chi no, attraverso una commissione composta da otto persone, comprendente rappresentanti di alcuni ministeri, della Corte suprema, della Procura generale e della Commissione indipendente per i diritti umani. La decisione finale spetterà a un rappresentante della società civile nominato dal ministero per gli Affari femminili.
La commissione potrà richiedere inoltre che la donna subisca un “esame medico interno”, un test utilizzato per scoprire se abbia commesso adulterio, che in Afghanistan è reato penale. Il test serve a provare l’avvenuta attività sessuale e dunque a determinare la moralità della donna e il suo diritto alla protezione!
Le attuali direttrici delle case rifugio definiscono a ragione la legge del ministero per gli Affari femminili un insulto che renderà le donne nuovamente vittime e che potrebbe aprire la strada alla loro criminalizzazione.
Altro problema scottante è quello del controllo sui fondi stanziati dalle agenzie internazionali a favore delle donne
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