Nato nel 1956, sino a diciotto anni è vissuto e ha lavorato come pastore a Lentini, fra le montagne dell’entroterra siracusano, accompagnato dai suoni delle 600 campane del suo gregge e da un tamburo, da lui stesso costruito tendendo le pelli conciate delle pecore sopra un vecchio setaccio contadino (crìu). Oggi, che di tamburi ne ha fabbricato oltre settanta (intarsiati con immagini di divinità agresti), è considerato il più grande virtuoso della tammorra.
Lo ha “scoperto” una sera, in piazza della Signoria, a Firenze, mentre faceva risuonare i suoi tamburi, Eugenio Bennato. Dopo questo incontro inciderà cinque LP con il gruppo Musicanova, cui seguiranno collaborazioni concertistiche e discografiche con artisti importanti e “diversi” fra loro, tra gli altri, ricordiamo Peppe Barra, De Piscopo, Edoardo Bennato, Dalla, De Andrè, Arbore e l’Orchestra Italiana. Nel 2004 costituirà, insieme al contrabbassista Amedeo Ronga e al fisarmonicista Alessandro Moretti, l’Alfio Antico trio.
Ma il suo impegno non si è “limitato” alla musica, ha infatti collaborato come musicista attore a importanti spettacoli teatrali (Vita di Galileo, Memorie di Adriano, Pulcinella, Dodicesima notte) con compagni di avventura quali Albertazzi, Ottavia Piccolo, Scaparro, Ranieri, Roberto De Simone; e anche il mondo della danza lo ha visto protagonista, da Spoleto (Festival dei due mondi) a Barcellona (Festival internazionale di Sitges).
Nonostante il successo, continua a calcare con leggerezza la scena, lo ricordiamo, per esempio, qualche anno fa a Catania ad un concerto in memoria di Rosa Balistreri, presentarsi sul palco vestito da donna solo perché le protagoniste di quell’evento (promosso da Carmen Consoli) erano tutte donne.
“Non è un semplice tamburellista e la sua non è solo musica. Alfio è prima di tutto un artista: la sua arte è impregnata di quella tradizione nella quale è stato immerso sin da bambino ed ogni volta che quelle mani si posano sulla pelle di uno dei suoi tamburi è come se questa tradizione riprendesse vita. Quando Alfio li suona i tamburi parlano, e lui parla con loro, grazie a loro e per mezzo di loro. Un personaggio unico ed irripetibile: chi ama la musica tradizionale e la tradizione in genere credo dovrebbe sentirsi in debito nei confronti della donna che mise nelle mani di Alfio, per la prima volta, un tamburello.” Un giudizio, questo di Valerio Mari, che non si può non condividere.
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