Pare infatti che i segugi (a proposito: pastori maremmani, mastini napoletani o cirnechi dell’Etna?) al soldo di un serissimo e indipendente Giornale, provvisoriamente in vacanza in un ameno borgo dell’Appennino toscano, abbiano rinvenuto (o gli è stato fatto trovare ad arte?), fra le macerie di un palazzetto, quello che, all’apparenza, sembrava un antico manoscritto.
Sfogliandolo, però, si sono resi conto che si poteva trattare di un pericoloso dossier, solo abilmente camuffato, essendo scritto in un elegante italiano del Cinquecento, e hanno quindi deciso di farlo scomparire.
Si tratta in effetti di una serie di appunti e note sparse, genericamente intitolato “Ricordi” che dimostra una perfetta conoscenza della situazione politica italiana contemporanea.
Sperando di ricavarne una buona mancia, una ‘gola profonda’ del gruppo ha fatto pervenire ai giornali concorrenti qualche informazione sul testo, allegando come prova la stinta fotocopia di una pagina che riporta, al n. 66, la seguente inquietante riflessione:
“Non crediate a costoro che predicano sì efficacemente la libertà, perché quasi tutti, anzi non è forse nessuno che non abbia l’obietto agli interessi particulari: e la esperienza mostra spesso, e è certissimo, che se credessimo [credessero] trovare in uno stato stretto [dittatoriale] migliore condizione, ci correrebbono per le poste [al galoppo].
Il testo è firmato da un non meglio noto Francesco Guicciardini, tuttavia filologi e analisti politici hanno più di un motivo per ritenere che si
I sagaci segugi sono rimasti incuriositi, in particolare, dalle iniziali dello pseudonimo: F. G.
E se provassimo ad invertirne l’ordine, si sono chiesti? Ne viene fuori G. F. …
Gatta ci cova!
Non ci resta che auspicare la pubblicazione dell’intero dossier.
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