In buona parte saranno stati “gente di partito”, ma c’erano e hanno riempito il tendone, domenica sera, al parco Gioeni, nonostante la pioggia che aveva svuotato gli altri stand e spento la musica. Caldo il tema, “Sviluppo e Legalità. Binomio possibile in Sicilia?” e tutti di grido i nomi chiamati a parlarne, da Crocetta a Lumia, dalla Samperi a Marino (sostituto procuratore a Caltanissetta) a Lo Bello, giunto in ritardo da Milano.
Molto difficile parlare di legalità in una regione in cui la mafia ha radici salde e ha macchiato di sangue il terreno. Particolarmente delicato farlo a Catania, città nella quale non c’è stato neanche bisogno di cadaveri eccellenti, tranne Fava.
Un intreccio trasversale tra settori della politica, dell’imprenditoria, della giustizia, del mondo dell’informazione, ha costruito nel tempo una rete di interessi che ha reso stagnante il clima cittadino bloccando ogni reazione.
Davanti ad una mafia che si è trasformata divenendo sempre più globale, finanziaria e imprenditoriale, non sono stati messi in atto strumenti adeguati di contrasto. Non lo ha fatto il governo nazionale e nemmeno quello europeo.
Dell’operato del governo nazionale ha parlato Marilena Samperi, già sindaco di Caltagirone e oggi parlamentare, scoprendo le carte con cui sta giocando questo esecutivo, che sbandiera il tema della sicurezza e taglia del 40% le risorse alle forze dell’ordine, che accusa di lentezza la magistratura, ma sembra ignorare che mancano non solo i magistrati ma forse soprattutto i cancellieri, senza i quali non si possono nemmeno celebrare i processi. Non è retorica ricordare che le volanti della polizia non hanno la benzina per circolare e che nei tribunali non ci sia la carta per le fotocopie.
Il volto del governo si vede soprattutto nella difesa e protezione dei suoi uomini implicati con la mafia. Non più referenti o intermediari, ma mafiosi che diventano essi stessi protagonisti della politica, come Cuffaro, Dell’Utri e Cosentino, che controlla in prima persona il ciclo del rifiuti in Campania e per il quale la maggioranza non ha concesso l’autorizzazione a procedere.
Senza legalità non può esserci sviluppo. Lo dichiara con forza Samperi e spiega che i capitali di provenienza illecita, le estorsioni, l’usura alterano i rapporti economici. Con le risorse della mafia non si può competere, non ci può essere la sana concorrenza che deve esistere tra i soggetti che fanno impresa. Ecco perchè la mafia uccide l’economia e lo sviluppo.
Ribalta la questione Beppe Lumia e si chiede: quale futuro ha la legalità se non c’è sviluppo? Dopo la fase di speranza seguita alle stragi degli anni ’90, a suo parere, c’è stato un riflusso, perchè si è sottolineato molto il tema della legalità, ma non si è posto abbastanza l’accento sul tema dello sviluppo. Agli occhi della gente il PD è apparso il partito di una legalità senza sviluppo, mentre Berlusconi prometteva la crescita dello sviluppo abbassando gli standard della legalità: evadi il fisco, costruisci illegalmente, tanto arriva il condono, porta i capitali all’estero, li potrai recuperare senza pagare troppo….
E’ mancata in questo ragionamento la triste conclusione che tutti constatiamo: non c’è più legalità ma sviluppo non ne vediamo nemmeno.
Forse oggi è possibile cambiare. Gli imprenditori non sono più accettati a malincuore perchè danno lavoro, o demonizzati come negli anni ’90. Oggi anche la Confindustria ha un volto nuovo. Dopo l’esperienza di Gela, al tempo di Crocetta, dopo la proposta inizialmente inconcepibile di un protocollo di legalità, qualche novità si affaccia e la presidenza di Lo Bello lo dimostra.
Molto concreto l’intervento di quest’ultimo. Entra nel vivo dei problemi attuali esponendo la sua preoccupazione sui rischi che il federalismo fiscale possa danneggiare le regioni più deboli, come la nostra, che non hanno i conti in ordine.
Solo mettendo a posto i conti ci sarà una crescita dell’economia e potranno crescere anche le entrate fiscali. Il risanamento dei conti permetterà di sostenere la concorrenza con le regioni virtuose, altrimenti le agevolazioni da esse promesse attireranno gli investitori anche nostrani e ne seguirà una desertificazione industriale della Sicilia.
Di fronte alla concretezza e attualità dell’intervento di Lo Bello, altri discorsi, ripresi anche durante il dibattito, sono apparsi piuttosto datati. Ricordare i successi di Gela e la lotta contro i cavalieri del lavoro, ricordando anche l’espressione di Fava “cavalieri dell’apocalisse”, è diventato un modo per evitare di entrare nel vivo delle questioni più attuali e problematiche, come quella dell’appoggio a Lombardo, figura non certo al di sopra di ogni sospetto, o quella relativa allo scontro in atto dentro la Procura di Catania.
Ma di questo non si è parlato. E quando è sfuggito qualche applauso al nome della Marcegaglia, oggetto attualmente di una deprecabile campagna “di fango” da parte di Feltri, ma nel recente passato protagonista di operazioni discutibili e pronta a fiancheggiare il governo ogni qual volta ci siano da perseguire propri interessi, la domanda spontanea è stata: ma che Pd è mai questo?
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