Si chiama Laura Salafia, ha 34 anni. Ieri mattina era felice perchè aveva appena fatto esami, aveva avuto un ottimo voto. Stava appunto uscendo dall’università, dal Monastero dei Benedettini, quando un proiettile le si è conficcato nella nuca, tra la seconda e la terza vertebra cervicale. Era diretto ad un altro quel proiettile, a un pregiudicato del clan Zuccaro, Maurizio Gravino. Chi ha sparato, subito dopo, ha raggiunto anche lui, con altri tre colpi. L’uomo ha avuto il tempo di percorrere pochi metri sul suo motorino; poi è caduto. Tutti è due versano in gravi condizioni. L’aggressore pare si sia allontanato a piedi, tranquillo, attraverso i vicoli e le strade trafficate del centro.
Da qualche tempo Catania ha ripreso a parlare con il linguaggio violento delle armi. Nei giorni scorsi altri agguati, altri omicidi. E prima, sempre ieri mattina, un altro uomo era stato ferito in corso Indipendenza; nella sera un tentato omicidio a Motta Sant’Anastasia.
Una parte di Catania ha, però, voluto reagire a questa ondata di violenza, come potete vedere dalle immagini. Col passaparola e tramite Internet circa seicento persone si sono riunite in un improvvisato sit-in in piazza Dante, a pochi metri dal luogo dell’agguato mafioso del mattino. Uno degli striscioni invitava provocatoriamente: “Adesso sparate su tutti”. La protesta era contro mafia e violenza, certo, ma anche contro il degrado di una città ormai allo sbando, dove si può sparare in pieno giorno colpendo passanti inermi ma anche rapinare il territorio, svendere il patrimonio cittadino, amministrare il pubblico come se fosse privato. Molti i giovani davanti al colonnato severo della Chiesa di San Nicola. Altri ragazzi, quelli del quartiere, lontani dalla manifestazione, formavano capannelli commentando dio sa cosa, donne sedute davanti ai bassi prendevano il fresco mentre dei vecchi giocavano a carte. Catania è anche questa. Speriamo non soprattutto questa.
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