Il Report sullo stato dell’economia siciliana nel 2009, presentato l’8 giugno in anteprima a Ragusa dalla Banca d’Italia, ricorda le note di una marcia funebre.
Non c’è un solo indicatore che riporti un segno positivo rispetto al 2008 che già era stato disastroso: male l’industria (-25% la domanda e -20% la produzione), male il settore delle costruzioni, in calo più leggero il settore commerciale (con la sola eccezione della grande distribuzione).
Dati negativi anche per il turismo, quella che dovrebbe essere la nostra gallina dalle uova d’oro: -9,4% gli arrivi, -9,2% le presenze.
Su tutti questi numeri aleggia naturalmente il dramma della disoccupazione, a stento frenata con il ricorso agli ammortizzatori sociali. Per il terzo anno consecutivo è in calo il tasso di occupazione, arrivato al 13,9%, ma se si aggiungono anche i disoccupati che hanno pure smesso di cercarlo il lavoro, la percentuale arriva a sfiorare il 20%.
Se però si restringe l’ottica alla fascia di età giovanile (15-34 anni) e a quella dei lavoratori con bassi livelli di istruzione, le cifre si dilatano ulteriormente.
Sintomo indiretto di questa prolungata fase di recessione, l’ulteriore rallentamento del credito, malgrado la rapida discesa dei tassi di interesse praticati dalle banche, e l’aumento dei prestiti considerati a rischio di rientro.
Sono in flessione, in particolare, i finanziamenti bancari alle famiglie, a testimonianza indiretta della caduta del loro potere di acquisto.
Si tratta naturalmente di dati che si inscrivono all’interno della grande recessione mondiale iniziata alla fine del 2007 e che solo nel corso di quest’anno sta cominciando a dare segni di inversione di tendenza. Un’economia debole come quella siciliana ne ha risentito con particolare virulenza e ne verrà fuori ancora più lentamente.
Le previsioni avevano identificato nel 2012 l’anno di una ripresa più consistente, ma forse non avevano tenuto conto dell’esplodere della crisi greca, che sta generando in tutti i paesi europei un’ondata di manovre di contenimento della spesa pubblica, che non potranno non avere effetti ulteriormente recessivi, che comunque ritarderanno i tempi della ripresa.
Come ne uscirà l’economia siciliana da questa congiuntura? Non è difficile immaginare che ne sarà ulteriormente appesantita, anche a causa del persistere di irrisolti problemi strutturali.
Di fronte a questo scenario, si comprende sempre meno l’insistenza sul grande investimento per il ponte sullo Stretto di Messina, cui si continuano ad attribuire poteri taumaturgici.
Tenendo conto che anche la Calabria vive una situazione non dissimile da quella siciliana, bene che vada finirà per unire due contenitori vuoti, anche di persone, perché nel frattempo i giovani saranno stati costretti ad andare a cercare lavoro fuori dal Mezzogiorno.
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