Clamoroso al Cibali (e a piazza Lanza)

Tratto da: Da Piazza Lanza allo Stadio Cibali nuovi ecomostri nel cuore della città, di Antonio Condorelli, in QdS del 9/10/2009
Una delle pagine più gloriose del calcio catanese, quando i radiocronisti raccontavano in diretta le imprese del Catania anni ’60, potrebbe diventare presto solo un nostalgico ricordo.
Non sarebbe una tragedia, visto che da tempo si parla della necessità di costruire in altro posto il nuovo stadio, più adeguato alle esigenze della città. Oltretutto in questo senso si stanno muovendo anche Milano, Roma e Firenze: non sia mai che Catania, che già da tempo ha risolto tutti i suoi problemi urbanistici, resti indietro proprio su questo terreno.
La cattiva notizia è un’altra: A. Condorelli spiega infatti che ai privati che dovrebbero costruire il nuovo stadio fuori dal centro storico, in cambio sarebbe consentito di realizzare nell’area liberata “una schiera di ecomostri di almeno venti piani.”
Un analogo regalino ai catanesi potrebbe essere fatto sull’area che si libererebbe in piazza Lanza, spostando altrove il carcere.
In entrambi i casi si tratta dell’ennesima applicazione del diabolico marchingegno del project financing (avete presenti le storie dei posteggi interrati?) per cui un privato (bontà sua!) si addossa l’onere di eseguire un’opera di interesse pubblico ottenendo, in cambio della sua munifica generosità, sostanziose e incontrollabili contropartite.
Né si tratta solo di un vago progetto perché sembra che “da oltre un anno, le carte progettuali dell’operazione giacciono negli uffici comunali, mentre la gente viene lasciata all’oscuro di tutto e il Consiglio comunale continua ad avere un ruolo simbolico.”
Addirittura “proprio in questi giorni l’assessore ai Lavori pubblici, Mario Coppa, ha fatto sapere che inserirà l’idea dello spostamento del nuovo carcere nel Piano triennale delle opere pubbliche e che è sicuro di poter presentare presto un progetto alla Giunta.”
Certo che far piovere, in un quartiere già ampiamente congestionato dal traffico, senza verde pubblico, privo di un adeguato sistema di circolazione e di servizi pubblici (chi ci penserebbe, il privato? Stai fresco!), migliaia di vani, nuovi uffici e gli ormai stucchevoli centri commerciali, è veramente un colpo di genio.
Ma forse anche questo episodio aiuta a capire perché Catania continua a restare senza piano regolatore: la sua assenza rende possibile infatti andare avanti “a forza di varianti, senza programmazione né trasparenza”, mascherando dietro l’ingannevole buonismo del project financing l’ennesimo capitolo della storia della speculazione edilizia in città.

Argo

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