«O c’è un piano serio che investa, piuttosto che in opere faraoniche, per garantire la sicurezza in queste zone del paese, o si potranno avere altre sciagure». Parole inequivocabili, quelle del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ieri ha lanciato l’allarme sulla «situazione di diffuso dissesto idrogeologico, in gran parte causato da abusivismo, nel messinese e in tante altre parti d’Italia». Peccato che ad ispirarle sia stato il capo della Protezione civile Guido Bertolaso il quale da anni ormai emette solo flebili lamenti generici sulla mancanza di un’efficace politica nazionale contro il rischio idrogeologico accusando indistintamente i governi di centrodestra e di centrosinistra. Mai una parola contro, per esempio, il taglio drastico operato dal governo Berlusconi nella finanziaria 2008 ai «fondi, già insufficienti, per la protezione del territorio che sono passati dai 510,5 milioni di euro nel 2008 ai 93,2 previsti per il 2011», come ha spiegato ieri il responsabile Ambiente del Pd, Ermete Realacci. O contro quel taglio, come spiega meglio Loredana De Petris, del Coordinamento nazionale dei Verdi ed esponente di Sinistra e Libertà, «di 241,4 milioni di euro al programma di mitigazione del rischio idrogeologico per quest’anno, di cui – attenzione – 151 milioni sottratti proprio agli interventi specifici previsti in Sicilia e Calabria».
Ovviamente stiamo parlando di spiccioli, o poco più, se si pensa che ogni anno si spendono miliardi di euro per riparare i danni causati dal dissesto idrogeologico. Senza parlare del costo in vite umane. «A fatica eravamo riusciti a far passare un emendamento alla finanziaria 2007 per stanziare 730 milioni di euro in due anni in un programma ad hoc – racconta De Petris – e invece la prima legge finanziaria del governo Berlusconi ha ridotto il budget per il 2009 a 269,1 milioni di euro».
L’ex senatrice verde snocciola i dati: «Per l’attuazione dei piani strategici nazionali ci sono 66 milioni di euro in meno ma la particolarità di questi tagli sta nel fatto che la maggior parte dei risparmi sono stati fatti sottraendo risorse per la tutela della sicurezza proprio in Calabria e in Sicilia, in quei territori cioè più fragili e sottoposti alla continua aggressione dell’abusivismo e della speculazione».
Dunque, a parole tutti d’accordo: anche Bertolaso all’inizio del 2009, certo non al cospetto di Berlusconi, inaugurando i campionati italiani di sci a Roccaraso indicava non a caso la «tutela del territorio» come «la grande opera principale per il nostro Paese». In pratica invece si è lavorato solo per sottrarre risorse e sicurezza alle popolazioni dei territori più a rischio. «La Sicilia, come la Calabria – continua De Petris – sono tra le aree più a rischio d’Italia anche perché le loro particolari caratteristiche morfologiche richiedono costanti interventi di manutenzione». Ma sono opere che costano varie centinaia di milioni di euro l’anno. Certo, niente a che vedere col Ponte sullo stretto che ci costerà 4.732 milioni di euro. Però, poi, ad ogni annunciata tragedia, con il ponte sarà più facile far arrivare i soccorsi della protezione civile.

Argo

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