La mole dell’albergo, recentemente ultimato, incombe sulla strada, subito dopo la rotonda di piazza Borsellino (ex- piazza Alcalà). Non c’è nessun angolo verde, nessun marciapiede ampio che permetta allo sguardo di spaziare. Non è un caso che sia stato ribattezzato “ecomostro”.
Lì una volta c’era il mulino S.Lucia. Il restauro avrebbe dovuto consentire, secondo quanto prevedeva il Piano Regolatore, di destinare l’area restante a “sede stradale e in parte a verde pubblico”.
I catanesi hanno assistito – distratti, disinformati e impotenti- alla crescita di questo edificio, che è stato, pochi giorni addietro, sequestrato dalla magistratura che ipotizza una lottizzazione abusiva, contraria a quanto previsto dal Prg. (Leggi: Quei silenzi del Comune sull’ex Mulino Santa Lucia di Ana Cardo su Il Dito del 13/03/09)
La vicenda tortuosa, che ha permesso la costruzione di questa struttura antiestetica, ingombrante, e probabilmente illegittima, è stata ricostruita con precisione e chiarezza da Antonio Condorelli sul Quotidiano di Sicilia già nell’Aprile del 2007.
Dall’iniziale concessione edificatoria del 1991 (per “restauro conservativo e cambiamento di destinazione d’uso”), al progetto esecutivo del 2000, inizialmente respinto dalla Commissione edilizia comunale, ma ripresentato in nuova veste e approvato nel 2003, per “intervenuta legislazione regionale”, fino all’utilizzo della norma del silenzio-assenso, che permise di procedere nella costruzione, nonostante il parere negativo del Collegio di Difesa: tutti i passaggi sono documentati in modo puntuale.
In un successivo articolo del 31 Luglio 2007, lo stesso Condorelli, sullo stesso giornale, completava la sua inchiesta e denunciava il silenzio complice dell’amministrazione, dei cittadini, delle associazioni ambientaliste.
Poche voci, in effetti, si erano levate. Tra queste un articolo pubblicato dal sito Girodivite in data 19 Ottobre 2005.
Adesso sull’ex-Mulino S.Lucia la parola passa alla magistratura e speriamo che interferenze e pressioni non cerchino di ostacolarne il lavoro di indagine.
Ma il problema sul tappeto è più ampio.
Oggi, in assenza di un Piano Regolatore Generale (ed essendo caduti i vincoli previsti dal precedente), Catania rischia, ancor più di prima, una cementizzazione selvaggia, che può rappresentare un ottimo affare per le speculazioni di pochi, ma non giova alla città e quindi a tutti i suoi abitanti.
Ancor più grave sarà il rischio qualora (ed è molto probabile) dovesse passare la proposta che il governo nazionale intende avanzare in tema di ristrutturazioni (il cosiddetto piano casa).
L’intervento di Angelo Buccheri, vicepresidente della Federazione siciliana degli Architetti, pubblicato da La Sicilia lo scorso 12 Marzo, esprime l’esigenza che venga superato l’immobilismo decisionale dell’amministrazione comunale in fatto di regole urbanistiche. Vi si può leggere, però, anche una richiesta di “liberalizzazione”, presentata sotto forma di efficienza e di antidoto contro la crisi, ma che può rappresentare anche il tentativo di sottrarsi ad ogni vincolo e controllo per operare a vantaggio degli interessi più forti.
Forse solo una vasta pressione proveniente dalla società civile, da gruppi autonomi di cittadini, dalle associazioni ambientaliste, dalle forze politiche (se ancora ce ne sono…) interessate al bene comune potrebbe cercare di impedire che la nostra città venga ulteriormente deturpata e resa ancor più invivibile.
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